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La crisi coniugale
Il momento della crisi o, sarebbe forse meglio dire, i momenti di crisi, prima o poi, arrivano per tutte le coppie.
A volte si tratta di crisi leggere, che possono manifestarsi in semplici e banali disaccordi, piccoli litigi, o semplici momenti di stanchezza, normali in un rapporto: i così detti "alti e bassi" della vita. Meno gravi, se subito affrontate e risolte con il dialogo.
A volte si tratta però di crisi più gravi: gravi, o per l'intensità delle tensioni che vengono a crearsi (violenze verbali o fisiche, gravi abusì sul coniuge o sui figli minori); oppure gravi perchè si trascinano nel tempo, allontanando gradualmente sempre più i coniugi, fino al punto da farli sentire come due estranei.
In questi casi, soprattutto quando marito e moglie hanno coltivato a fondo il loro rapporto, e soprattutto quando si determinano ad affrontare una crisi quando è ancora sul nascere, il dialogo e la pazienza consentono ai coniugi di superare la crisi, pur con difficoltà e compromessi.
Altre volte, invece, la mancanza di dialogo, o la superficialità del rapporto, o semplicemente la trascuratezza tra coniugi (nella convinzione che tutto si sistemerà, anche senza fare nulla!), portano la coppia a crisi ben più profonde, facendo percepire che la convivenza è divenuta intollerabile.
E' questo, in genere, il momento in cui la coppia inizia a maturare l'idea della separazione.
Molto spesso la coppia si rivolge all'avvocato quando ormai la decisione di separarsi è presa in modo irreversibile.
Altre volte però, fortunatamente, la coppia, o anche solo uno dei coniugi, si rivolgono all'avvocato per chiedere una consulenza, per capire come affrontare la crisi del loro matrimonio e per conoscere quali sono i diritti e doveri che entrano in gioco, onde poter valutare più oculatamente tutte le possibili conseguenze di ogni decisione, qualunque essa sia.
Queste sono le occasioni in cui, la coppia, pur in crisi, è ancora aperta al confronto con terzi: è il momento per farsi aiutare!
Forse non tutti sanno che sul territorio esistono degli enti pubblici, o privati riconosciuti, chiamati "consultori familiari", che effettuano, tra le altre cose, proprio un servizio gratuito di supporto e consulenza alle famiglie ed alle coppie in crisi. Sono enti presso i quali operano professionisti che si occupano della crisi della famiglia sotto vari profili: avvocati, psicologi, psichiatri, medici, e, nei consultori di ispirazione crisitiana, anche consulenti etici. Anch'io opero da anni in una di queste realtà del veronese.
Ma cosa significa esattamente separarsi? Cosa si deve fare? A chi ci si deve rivolgere? Che tipi di separazione ci sono? In cosa consiste la procedura?
Sono queste alcune delle domande che solitamente ci si pone, e che quotidianamente mi sento rivolgere dalle persone che si rivolgono al mio studio per un primo appuntamento in vista di una possibile separazione.
Ma cosa significa esattamente "separarsi"?
Cerchiamo di capire cos'è la separazione, chiarendo prima di tutto cosa non è.
La separazione non è la fine di un matrimonio, non è il divorzio (o la cessazione degli effetti civili di un matrimonio, nel caso di matrimonio religioso con effetti civili, c.d. matrimonio concordatatario).
Con la separazione legale, infatti, i coniugi, rappresentando al Tribunale l'intolleranza della loro coabitazione o il grave pregiudizio che la loro coabitazione arreca ai figli (ad esempio a causa dei continui litigi), semplicemente chiedono l'autorizzazione a vivere separati.
In tale occasione, poi, soprattutto quando ci sono figli minori, o maggiorenni economicamente non autosufficienti, il provvedimento del Tribunale che autorizza l'interruzione della coabitazione (separazione), stabilisce anche le condizioni di affidamento e di mantenimento dei figli, ed eventuali contributi per il mantenimento dovuti da un coniuge all'altro. In realtà, più è complessa la situazione dei coniugi ed eventualmente anche il loro patrimonio, più possono essere articolate e complesse le condizioni soprattutto patrimoniali, ma non è questa la sede per un approfondimento su tale aspetto.
La separazione, quindi, non è la fine del matrimonio. Anzi. Nello spirito della legge, la separazione ha la funzione principale di servire ai coniugi come temporaneo allontanamento, al fine di poter ricucire le fratture createsi nel loro rapporto, e riconciliarsi.
Proprio per questo, la legge prevede un tempo di riflessione minimo che deve intercorrere tra la separazione ed il divorzio, tempo che fino alla riforma del 2015 era di tre anni, e che ora è di sei mesi, in caso di separazione consensuale, o di un anno, in caso di separazione giudiziale, tempo di attesa che ha lo scopo di consentire ai coniugi di tentare la riconciliazione, prima di poter chiedere il divorzio, che è il vero e proprio scioglimento del vincolo coniugale civile.
Cosa si deve fare per separarsi?
Prima di parlare della separazione legale, che è la vera e propria separazione, ritengo doveroso ricordare che, nella prassi, si assiste spesso anche alla cosìddetta "separazione di fatto", ovvero il materiale allontamento tra i coniugi, senza però che intervenga alcun provvedimento ufficiale da parte del Tribunale.
E' bene ricordare però che la separazione di fatto non ha alcun effetto giuridico, ed i due coniugi saranno in tutto e per tutto ritenuti coniugati in bonis.
Per separarsi legalmente, bisogna farsi assistere da un avvocato.
In genere, ci si può rivolgere assieme ad uno stesso avvocato, chiedendogli di essere assistiti congiuntamente, oppure, ci si può rivolgere separatamente ciascuno ad un proprio avvocato di fiducia, al quale conferire mandato per essere assistiti nella separazione. In questo secondo caso, saranno i due avvocati a mettersi in contatto e a farsi porta voce delle richieste ciascuno del proprio cliente, al fine di discutere e concordare le condizioni di separazione.
Che tipi di separazione esistono? In cosa consiste la procedura?
Esistono essenzialmente due tipi di separazione: la separazione consensuale e la separazione giudiziale.
La separazione consensuale.
La prima, lo dice la parola stessa, è la separazione in cui i coniugi hanno raggiunto da soli, assistiti dai loro avvocati, un accordo sulle condizioni di separazione. In questo caso, quindi, dopo aver discusso e stilato le condizioni prima di rivolgersi al Tribunale, l'accesso agli Uffici giudiziari avviene mediante un ricorso presentato congiuntamente dai due coniugi, con il quale si chiede al Tribunale semplicemente l'approvazione (Omologa) delle condizoni di separazione già concordate. In questi casi si comprende il ruolo fondamentale svolto dagli avvocati, che garantiscono che vengano presentate condizioni sempre conformi alla legge e tali quindi da ottenere l'approvazione del Tribunale. Presentato il ricorso, le parti compariranno davanti al Presidente del Tribunale per una sola volta, per firmare un verbale con il quale daranno conferma della loro volontà di separarsi a quelle determinate condizioni, chiedendone l'omologa al Tribunale. La procedura di questo tipo di separazione, in genere, può durare dai 4 ai 6 mesi, salvi i casi in cui la preparazione dell'accordo sulle condizioni richieda più tempo.
La separazione giudiziale.
Il secondo tipo di separazione, invece, viene solitamente utilizzato in due casi: quando i coniugi non riescono a trovare un accordo sulle condizioni, e devono pertanto chiedere al Tribunale che sia il Giudice a decidere; e quando uno dei coniugi sia irreperibile o contrario alla separazione.
In questo secondo tipo di separazione, la prima parte della procedura è essenzialmente identica alla separazione consensuale, con l'unica differenza che all'esito della prima udienza, in mancanza di un accordo tra i coniugi, sarà il Giudice ad assumere i provvedimenti provvisori ritenuti opportuni sia in ordine all'affidamento dei figli sia in ordine al mantenimento. Dopo la prima udienza, la procedura (invece di chiudersi con il Decreto di Omologa, come nella consensuale) prosegue come una normale causa civile, concludendosi con sentenza, dopo un processo destinato a durare qualche anno.
NEGOZIAZIONE ASSISTITA
Il Decreto Legge n. 132/2014, poi convertito con la legge n. 162/2014, ha introdotto un nuovo sistema alternativo al procedimento giudiziario per ottenere la separazione ed il divorzio, utilizzabile anche per la modifica delle condizioni precedentemente assunte in sede di separazione o divorzio.
Il nuovo istituto è stato denominato NEGOZIAZIONE ASSISTITA, e come dice il nome stesso, consiste in un accordo effettuato direttamente dai coniugi, assistiti dal proprio avvocato, con il quale i coniugi regolamentano le condizioni della propria separazione o divorzio. Tale accordo viene redatto nello studio del proprio avvocato, e poi trasmesso al Procuratore della Repubblica per l'apposizione di nulla osta (se non ci sono figli) o dell'autorizzazione (in caso di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti o incapaci o portatori di handicap grave). In questo nuovo istituto non è prevista la comparizione avanti al Giudice civile. Diventa però fondamentale il ruolo dell'avvocato, poichè è tenuto a certificare che l'accordo raggiunto è conforme alle norme imperative e di ordine pubblico, oltre all'autografia della firma del proprio assistito. Entro 30 giorni dall'invio, il Pubblico Ministero, se non riscontra irregolarità o motivi ostativi, emette il nulla osta o l'autorizzazione, dandone avviso all'avvocato istante. Da quel momento decorre un termine di 10 giorni entro il quale l'avvocato è tenuto a presentare l'accordo presso l'Ufficiale di Stato civile del Comune interessato all'annotazione (Comune dove è stato iscritto/trascritto il matrimonio).
Questo nuovo istituto ha quindi indubbi vantaggi:
- tempi più rapidi: firmato l'accordo, entro 30 giorni il P.M. rilascia il nulla osta/autorizzazione ed entro i successivi 10 giorni l'avvocato ne cura l'annotazione presso l'Ufficiale di Stato Civile.
- si evita la comparizione personale in Tribunale e tutto viene effettuato presso lo studio del proprio avvocato.
- costi più contenuti, tenuto conto anche del fatto che l'accordo di negoziazione assistita è totalmente esente anche da contributo unificato.
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