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Diritto Civile della Persona e della Famiglia - Diritto delle Successioni

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Contributo al mantenimento dei figli e criterio di proporzionalità ex art 337 ter comma 4 c.c.

di Matteo Scappini, Avvocato in Verona, 28/11/2020

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Laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza
dell'Università di Trento





Iscritto all'Albo Ordinario degli Avvocati
presso l'Ordine degli Avvocati di Verona





Iscritto all'Albo Speciale degli Avvocati
abilitati al patrocinio dinnanzi la corte di Cassazione
e le altre Giurisdizioni Superiori
tenuto dal Consiglio Nazionale Forense





Socio dell'AIAF
(Associazione Italiana degli Avvocati
per la Famiglia e per i Minori)





Socio dell'UGCI
(Unione Giuristi Cattolici Italiani)

Con una recente pronuncia del 16 settembre 2020, la numero 19299, la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione ha cassato la sentenza di una Corte d'Appello, in quanto nella decisione con cui veniva determinato il contributo per il mantenimento dei figli, è risultato completamente assente il raffronto tra i redditi dei due coniugi.

A seguito della separazione personale, infatti, nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto (Cass. 1 marzo 2018, n. 4811).

La Suprema Corte ha quindi ribadito il principio di diritto in base al quale l'articolo 155 cc, ora 337 ter comma 4 cc, nell’imporre a ciascuno dei coniugi l'obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell'assegno, oltre alle esigenze dei figli, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza, i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti, nonché, appunto, le risorse economiche di entrambi i genitori (Cass. 10 luglio 2013, n. 17089).






  

  
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